Scritture in rosa, quando le donne …
Eh si, quando le donne restavano in ombra o all’ombra degli uomini; per troppo tempo la cultura è stata una prerogativa maschile, così come le arti; relegate a ruoli da comprimarie nel panorama socio-culturale o addirittura assenti, costrette a produrre in silenzio o sotto pseudonimi o, in molti casi, defraudate delle proprie opere a cui veniva attribuito un autore di sesso maschile.
Quella che oggi prenderebbe il nome di discriminazione di genere, una volta era una consuetudine e così molti capolavori usciti dalla “penna” di una fanciulla, portano la firma di letterati uomini: le intraprendenti menti femminili rimasero invisibili.
Le donne che un tempo avevano accesso ad una istruzione (e questo era già molto), scrivevano nel silenzio delle loro stanze, godevano del piacere della scrittura attraverso la stesura di diari, lettere o manoscritti che per lo più restavano confinati nei cassetti dei loro raffinati mobili.
Nonostante ciò, qualcuna si salvò dall’anonimato e dalle tenebre e così i nomi di queste valorose donne, interpreti delle arti scrittorie, a noi sono pervenuti; non sono certamente nomi o volti noti, così come le loro opere, ma sicuramente meritevoli di essere ricordati sono le loro gesta, che se oggi sembrano scontate, per il loro tempo furono vere e proprie imprese da pioniere.
Isabella di Morra nacque nel 1520 e scrisse poesie, fu una delle voci più significative nel panorama letterario del Romanticismo del XVI secolo; Gaspara Stampa, anch’essa poetessa del ‘500 e di origini padovane, si contraddistinse non solo per i suoi “versi” ma anche per la sua bellezza e per la condotta di vita libera e spregiudicata nei salotti veneziani, frutto di una personalità decisamente spiccata e fuori dal comune.
Presso l’ Accademia dell’ Arcadia di Roma, a fine ‘600 si formò la nobildonna Aurora Sanseverino, autrice di sonetti, di composizioni teatrali, pittrice e scultrice; “come selvaggia fiera i lumi ardenti, fugge del sol che rasserena il mondo, e della notte entro l’oblio profondo, solitaria sen va tra l’ombre algenti … “.
Lesbia Cidonia fu invece lo pseudonimo dietro cui si celò la contessa bergamasca Paolina Secco Suardo Grismondi, scrittrice e mente aperta ai fermenti illuministici del ‘700 , fece del suo salotto letterario un centro mondano e culturale particolarmente attivo e frequentato; il suo repertorio fu considerato eccessivamente romanticheggiante, dall’impronta sdolcinata e struggente, inizialmente fu apprezzata ma successivamente screditata, ma la sua vena poetica arrivò anche oltre confine.
Per giungere a tempi più recenti, i nomi sicuramente più conosciuti di Ada Negri, Grazia Deledda, Sibilla Aleramo e Lalla Romano (ma non sono certamente tutti), non possono mancare a questo “elenco” di donne che dopo secoli di esclusione, si batterono per affermare i loro diritti in una società ancora legata ai vincoli della tradizione; una condizione storica difficile, che richiese ancora tempo perché la condizione femminile potesse esprimersi attraverso un linguaggio libero ed incondizionato.
Oggi, davanti a questa immagine di manoscritti appoggiati languidamente sopra una romanticissima macchina da scrivere rosa, possiamo sorridere o commuoverci, immaginare il passaggio attraverso i secoli di innumerevoli donne dalla mente feconda, di cui mai ci perverranno parole e pensiero, ma di cui possiamo intuire la passione con cui intingevano la penna nell’inchiostro, solcavano le bianche pagine dei loro scritti, forse, un pò sgualcite da qualche lacrima di troppo …
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