Con l’analisi della scrittura è possibile individuare il leader e metterne in evidenza le principali peculiarità.
Il leader possiede doti di: autoconsapevolezza emotiva, autovalutazione realistica, sicurezza, autocontrollo, trasparenza, adattabilità, determinazione, iniziativa, ottimismo, empatia, consapevolezza organizzativa; è capace di: ispirare, aiutare gli altri a crescere, catalizzare il cambiamento, gestire il conflitto, collaborare nel team.
Leadership non è sinonimo di dominio, è l’arte di persuadere gli altri a cooperare in vista di un obiettivo comune, è l’arte di formulare critiche inseparabili dall’arte di elogiare; l’unico tratto che accomuna tutti i leader è la motivazione, una forma della gestione del sé che ci consente di mobilitare le emozioni positive per proiettarle verso un obiettivo.
I sei stili di comando
Leadership autorevole: è lo stile più efficace, l’obiettivo è chiaro, gli standard sono trasparenti, sa definire uno scopo, garantisce ai suoi collaboratori un ampio margine di manovra, consente di adottare le misure che ciascuno ritiene opportune, lascia liberi di innovare, sperimentare e correre rischi calcolati; non si addice però a tutte le circostanze ed è poco adeguato quando il leader si trova a collaborare con esperti di pari grado.
Il leader allenatore: aiuta un collaboratore a crescere come persona piuttosto che ad ottimizzare il suo rendimento sul lavoro; concorda insieme ruoli e responsabilità nella messa in cantiere di un progetto di sviluppo e ne valuta l’operato; è uno stile di comando che rende al meglio quando i collaboratori sono ricettivi e pronti ad impegnarsi a fondo.
Lo stile federatore: è quello totalmente centrato sulle perone e chi lo pratica tiene più agli individui e alle loro emozioni che a compiti ed obiettivi; si punta alla soddisfazione e alla promozione dell’affiatamento; è uno stile che apporta notevoli vantaggi nella comunicazione, riesce a creare un alto senso di appartenenza e risulta particolarmente indicato quando si desidera migliorare la fiducia reciproca; se lasciato a se stesso, però, è uno stile che può portare all’insuccesso ed andrebbe abbinato ad uno stile autorevole.
Lo stile democratico: raccoglie le idee delle persone e sollecita il loro consenso, instaura un clima di fiducia, di rispetto e di impegno comuni; concedere la possibilità di esprimere la propria opinione di fronte ad una decisione che avrà ricadute sui loro obiettivi personali e sul loro lavoro è un modo per promuovere la flessibilità ed il senso di responsabilità; è lo stile ideale quando i collaboratori sono sufficientemente competenti e preparati per formulare un parere ragionato.
La leadership incalzante: definisce standard molto impegnativi e dà l’esempio conformandosi in prima persona a quei requisiti, imponendo lo stesso ritmo a tutti i collaboratori; è un approccio efficace quando tutti sono motivati, autonomi, competenti e capaci di lavorare senza il bisogno di istruzioni e non va mai usato in esclusiva.
Lo stile coercitivo: è quasi sempre il meno efficace, va utilizzato con la massima cautela, nei casi in cui risulti indispensabile come durante una ristrutturazione del processo produttivo, nelle situazioni di emergenza reale o con collaboratori problematici con i quali le altre strategie non hanno funzionato; il leader coercitivo rinuncia in partenza ad uno degli strumenti fondamentali di un capo, la capacità di motivare le persone mostrando in che modo il loro operato si inserisca in un contesto più articolato, contribuendo ad una causa comune.
Il segreto di una leadership di successo è l’armonia sociale.
Il leader è la guida emotiva del gruppo, guida le emozioni collettive per incanalarle in una direzione positiva e le stimola portando alla luce la parte migliore di ciascuno; è lui a definire lo standard emotivo del gruppo ed a qualsiasi livello, peggiorare o migliorare la situazione è in suo potere.
Grazie per la lettura – Giugno ’23