
Da tempo si è perso l’antico senso magico della scrittura che vedeva in tale rituale uno stretto legame tra simboli scritti ed influenze sulla vita reale. In passato era ritenuto possibile agire su azioni concrete attraverso la manipolazione di simboli, a cui venivano attribuiti poteri in grado di determinare azioni e conseguenze. In molte culture la scrittura era un veicolo per la trasmissione di testi sacri, spesso dettati dalle divinità agli uomini e tale passaggio della parola rivelata alla sua trascrizione costituiva un atto carico di sacralità.
Un collegamento tra ritualità e scrittura è sempre esistito e la forma più diffusa di uso magico della scrittura era quella destinata alla preparazione di amuleti e talismani in cui i segni su un oggetto altro non erano che rafforzativi dell’oggetto già di per sé operante. Il potere così acquisito ne facevano una vera e propria arma di difesa come nel caso dei simboli cuciti sulle cotte dei capi indossate in battaglia: la formula magica era investita del compito di difendere dal male e dalla potenza delle armi del nemico, così da rendere il combattente invincibile.
Anche le abitazioni erano luogo che necessitavano di difesa dagli eventi nefasti e le iscrizioni poste sulle pareti di case e capanne assumevano una valenza ritenuta di alta funzione protettiva; per non parlare del corpo umano che per essere investito di poteri magici veniva ricoperto di segni e simboli direttamente sulla pelle o, come in alcune culture, i simboli apposti sulla parte del corpo malato, si riteneva fungessero da incantesimo guaritore.
Parlando di dipinti, l’iconografia ha riservato ampio spazio al potere del “mago” alle prese con le sue scritture intrise di segni cabalistici che solo lui riusciva a decifrare; tra il XIII e XV secolo vi fu ampia circolazione di manoscritti contenenti segreti popolari, formule invocatorie, ricette magiche, manuali di esercizi pratici per praticare la necromanzia, per predire l’avvenire, rendersi invisibili ….

Immancabili le raffigurazioni di animali con alti contenuti simbolici e apportatori di energie positive o negative; la loro presenza è sempre stata rilevante nelle rappresentazioni di tutti i tempi assumendo però significati differenti tra le diverse culture anche se poco dissimili in ottica simbolico-archetipica e spesso persi nel tempo; alcuni esempi: la civetta nell’iconografia dell’età barocca fu l’emblema dell’eresia, nell’antica Grecia invece era legata alla figura di Pallade-Atena dea della saggezza, mentre nel Medioevo rappresentò la meditazione profonda.
Il caprone diabolico dipinto da Goya, presidiando ai baccanali, ha incarnato le forze più potenti e torbide della sessualità; il gatto dalla fisionomia misteriosa affascinò la straordinaria artista Leonor Fini legata al mondo del Surrealismo e alle varie correnti di pensiero magico esoteriche; l’ape, animale tradizionalmente associato a connotazioni positive, nel Rinascimento fu associato alla Giustizia divina; il cavallo, rappresentativo della memoria istintuale e del rapido scorrere del tempo, fu riprodotto in modo contrastante, ora apportatore di vita, ora emblema delle tenebre e della morte.
Nell’affascinante quanto immenso argomento sulle scritture magiche e rituali, si inseriscono meravigliosamente bene temi di spicco sulle figure femminili che, seppur per secoli tenute lontane dall’istruzione istituzionale e dall’apprendimento di un sistema ritenuto inutile per loro se non addirittura pericoloso, quando per posizioni sociali particolarmente favorevoli le donne venivano alfabetizzate, emersero figure che si distinsero per l’utilizzo che fecero della scrittura, adoperata anche per veicolare contenuti legati al mondo irrazionale delle scienze esoteriche.

Come non parlare a questo punto di Caterina Sforza? Nel suo laboratorio alle prese con erbari, fiori, piante, resti di animali, tutto il materiale indispensabile per dedicarsi all’alchimia e alla preparazione di formule e pozioni; noto un suo libro manoscritto di ricette su cosmetici e medicamenti: c’era veramente di tutto, unguenti per togliere macchie dal viso, sbiancare i denti, dorare i capelli, ammorbidire la pelle.
I suoi consigli non si limitano ad occuparsi delle donne, ma si rivolgevano anche agli uomini e alle loro tribolazioni sotto le lenzuola; il libro degli Experimenti diventa uno spaccato importantissimo sul mondo rinascimentale e che ci perviene come opera che rende più comprensibile la vita dell’epoca contrassegnata da una fervide attività di scambi di materie prime tra Occidente ed Oriente.
Caterina, abile nel maneggiare veleni, prepara elisir ed antidoti, si spinge addirittura a redigere ricette di oli portentosi per guarir la peste; per curare i morsi dei cani servono ortiche tritate e sale; per annientare gli effetti dei veleni si devono usare fegato di maiale messo a seccare e condito con oli prodotti con scorpioni annegati nell’aceto; per curare ferite di armi avvelenate basta pestare fichi e noci insieme e applicarli sulla parte ferita …
Una donna che segnò il suo tempo e la cui storia giunge a noi non solo per le appassionanti vicende storiche ma anche per l’immenso bagaglio di conoscenze sul mondo vegetale ed animale, frutto di studi entusiasmanti e, soprattutto sperimentazioni assai audaci.
Febbraio ’25 – Silvana Piatti – Firmologia dell’Arte
