A Vienna, sino a tarda primavera 2022, si potrà ammirare una mostra inedita ed unica nel suo genere, sul grandissimo Salvador Dalì: quadri, scritti, lettere e diari che ruotano attorno ad una inusuale e poco conosciuta “tematica” della sua vita: “accanto a mia moglie Gala, il mio idolo è Freud” …
Una “insospettabile” coppia, quella formata dai due straordinari personaggi del secolo scorso, che si incontrarono una sola volta nella loro esistenza e dopo più di un appuntamento mancato, nonostante l’irrefrenabile desiderio da parte del famoso pittore.
La vita intima ed artistica di Dalì, fu influenzata in modo irreversibile dalla lettura de “l‘interpretazione dei sogni” di Freud, nei cui confronti sviluppò una vera e propria ossessione ed una brama sfrenata di confronto sugli incubi di cui fu vittima per tutta l’esistenza.
L’artista sperava di trovare una chiave di lettura all’angoscia da cui non riusciva a liberarsi e preparò un suo “metodo paranoico-critico” da sottoporre al padre della psicoanalisi austriaco; questa ambizione restò tuttavia confinata alla pittura per molto tempo; famose le sue tele, intrise di spirito avanguardista, ispirate alle teorie psicoanalitiche: Dalì iniziò così a maturare una nuova personale prospettiva sul mondo, intraprendendo un percorso rivoluzionario che rese unico il suo linguaggio artistico surrealista.
I trattati di Freud furono il fil rouge di sfondo al complesso rapporto tra i due; nonostante Freud mostrasse in realtà poco interesse per una eventuale amicizia, innegabile fu la curiosità nei confronti dell’arte surreale in genere, a cui aveva guardato sino ad allora con occhio estremamente critico, giudicando “pazzi” tutti gli artisti aderenti a tale corrente; di fronte alla “grandezza” di Dalì, il suo punto di vista cambiò, rivalutando l’attinenza tra inconscio, psicologia ed arte …
“Anno 1938“: Freud accetta di incontrare Dalì a Londra, dove trascorre i suoi ultimi anni e l’evento viene favorito dall’ intercessione da parte dello scrittore Stefan Zweig e del collezionista Edward James; allo storico appuntamento, il pittore si reca con un’opera altamente simbolica, forse la sua più significativa, intrisa di tematiche psicologiche “La metamorfosi di Narciso” e con un’ autobiografia in cui si confessa prigioniero di visionarie ossessioni.
Lo psicoanalista, ormai malato e prossimo alla morte, considera la conversazione come poco riuscita: “si sono incontrati due geni, ma tra loro non è scoccata la scintilla“; Dalì, invece, resta convinto che la pittura e la scrittura, insieme alla psicoanalisi, siano gli unici strumenti possibili per la cura dello spirito: ma la luce in fondo al tunnel, per lui, restò tuttavia spenta anche dopo il tanto atteso “scambio” di vedute con il suo mentore.
I quadri di Dalì furono, per l’insuperabile artista, la chiave di interpretazione dello “stato di grazia” in cui forme ed oggetti riescono ad oltrepassare la visone superficiale a cui sembrano destinati in apparenza e il tema dell’ambiguità visiva sotto forma di immagini doppie, rappresenta uno degli elementi essenziali del suo “metodo“.
Ricchi di riferimenti a Freud, furono i suoi scritti autobiografici dai toni ossessivi; Dalì immagina e scrive di incontri “fantastici” mai avvenuti tra loro, da cui scaturisce l’idea che l’inconscio domini l’opera attraverso il linguaggio metaforico; schiavo dei suoi fantasmi, il pittore diventa così il maggior esponente del Surrealismo e la sua arte, poliedrica e provocatoria, resta una delle più discusse del suo tempo.
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