Dal diario personale di una giovane novizia entrata nel Convento di San Bernardino a Montefranco (Terni) quando ancora era abitato dalle poche ed ultime Monache Clarisse in attesa di nuovi ingressi … la visione del diario mi è stata concessa in occasione di un mio soggiorno ad inizio settembre 2020 presso il Convento, ora divenuto un tranquillo “rifugio” per chi voglia godere, nel silenzioso incontro con la dimensione spirituale di questa antica struttura, l’atmosfera che ancora si respira in tutta la sua identità originaria.
L’antico Convento, a poca distanza dalle famose Cascate delle Marmore, fu eretto nella seconda metà del 1400 dopo il passaggio di San Bernardino ed una sua sosta presso la chiesa di San Primiano; per circa tre secoli l’edificio fu occupato dai Frati Francescani e successivamente, dal 2005 al 2016 dalla piccola comunità di Monache Clarisse di clausura di S. Omobono di Spoleto.
Gli ambienti del Convento mantengono arredi che rispecchiano lo stile semplice della ”osservanza” e sotto la guida esperta di chi si occupa oggi della gestione del luogo, ne vengono restaurati gli interni, recuperati i molteplici tesori custoditi, tra cui centinaia di volumi conservati nella biblioteca: l’inizio della raccolta di questi preziosi documenti e carteggi risale al 1454, data in cui fu stilata la famosa pergamena con cui Papa Niccolò V concesse ai Frati minori Osservanti di fondare una “casa religiosa” in onore di San Bernardino.
Ma tornando al diario della novizia Barbara Perelli e datato 24 Giugno 1910 cosa potremmo desumerne da un punto di vista grafologico?
Sono parecchie le considerazioni fattibili su scritture di un’epoca in cui scrivere significava prima di tutto aderire ad uno stile calligrafico convenzionale orientato alla ricercatezza estetica e che quindi poco spazio lasciava alla rielaborazione personale, soprattutto poi, in ambienti o contesti in cui fosse d’obbligo seguire regole rigide e fosse indispensabile “spogliarsi” di tutto ciò che rischiava di far trasparire la reale natura e personalità dell’autore …
Non sappiamo in realtà se Barbara restò in Convento o meno, dalle pagine del suo diario non si evince, ma lo studio della sua grafia, sicuramente ci orienta a supporre con quale tormento interiore e conflittualità si stesse preparando ad una scelta così privativa, a cui potrebbe essere addivenuta contro i propri desideri, come spesso accadeva al tempo.
Molto vistosa è la variazione improvvisa di alcuni “segni” prodotti all’interno di una stessa pagina, indicazione di come lo scritto sia il risultato di una evidente “risposta emotiva dicotomica” a fronte di stimoli provenienti sia dall’ esterno che interiori.
Qualche osservazione tecnica in merito: l’inclinazione rigidamente parallela (tale “segno” è indicativo di scarse plasticità e duttilità mentale ed affettiva) dell’inizio dallo scritto va a perdersi nella seconda metà della pagina, l’orientamento degli assi letterali “segno” per definizione caratterizzante la predisposizione alla ricerca di contatto scende molto di “grado” tanto da passare da “pendente” (inclinata verso dx) a quasi “retta” (diritta), la dimensione delle lettere varia e diminuisce nel calibro, la grafia appare nel suo complesso più fluida e quindi più spontanea, con minor “accuratezza grafica”.
La combinazione fra loro di tutti i “segni” esaminati dello scritto, farebbe supporre che il bisogno intimo di partecipazione manifestato all’inizio con tanta enfasi e veemenza, sia più simulato che realmente “sentito”: quando l’autrice inizia ad elencare quelli che saranno gli obblighi a cui si appresta ad adempiere, il suo stile grafico cambia radicalmente, rivelandosi maggiormente aderente alla sua presumibile reale personalità; il freno alla spontaneità psichica, affettiva e mentale, la compitezza formale, la stereotipia schematica e convenzionale, l’atteggiamento poco naturale scaturito dall’ autodominio e condizionato da regole e disciplina, non trovano continuità nel proseguo della pagina.
Alcuni stralci del diario:
“… Umiltà profonda grande; povertà perfetta privandomi anche di qualche cosa necessaria, essere indifferente, distaccata da anche le più piccole cose di questa terra se voglio possedere quelle del cielo; castità, purità perfetta, allontanando anche un piccolo pensiero, immaginazione che possa affossare questa bella virtù che tanto piace a Gesù; mortificazione non mai interrotta poiché senza la mortificazione l’orazione non mi riesce; quanto è più sublime il mio fine, quanto è più grande la grazia della mia vocazione … “
La grafia dell’intero diario presenta sovente variazioni anche piuttosto evidenti ed il significato di cambiamenti così repentini ed apprezzabili, tali da sembrare in alcuni tratti quasi vergati da altra mano, avvalorano l’ipotesi che la novizia fosse pervasa da stati d’animo piuttosto contrastanti, minati da tensioni ed ansia e che la scelta di intraprendere una vita così dura in modo definitivo, non sia stato frutto di una decisione presa in totale autonomia e senza costrizioni …
La foto che vedete è una pagina originale del diario, per motivi di conservazione del documento, quella presa in esame e di cui sopra non è stata fotografata.
Si ringrazia la disponibilità del Convento di San Bernardino per avermi messo a disposizione questo ed altri reperti di enorme valore, per me, non solo storico …
Se questo articolo ti è piaciuto, continua a seguirmi sul blog …