Il rito dell’inchiostro in Giappone
Le “tracce” sul corpo in Giappone sono il frutto della cultura dell’estetismo, della ricerca di bellezza e di perfezione di questo affascinante Paese: la loro funzione è sempre andata oltre il significato puramente decorativo, assurgendo ad altri a carattere prettamente spirituali; il tatuaggio assume così una notevole rilevanza sia sotto l’aspetto artistico che sociale.
Tale pratica ha radici molto antiche, passando dal suo utilizzo per fini identificativi di una “classe” ad altri più intimi legati alla funzione simbolica d’ amore: la tecnica chiamata kishibori consisteva nel tatuarsi il nome dell’amato/a come dimostrazione di un sentimento che sarebbe durato per l’ eternità.
Una interessante pubblicazione di Yori Moriarty esplora a tutto tondo i significati, le forme ed i motivi del tatuaggio giapponese, eccone un piccolo estratto.
Dalla tecnica della tradizione: il tatuaggio giapponese tradizionale viene realizzato a mano, con l’artista seduto sul pavimento e il cliente disteso. Si usa una cannetta di bambù, chiamata hari, terminante in una serie di aghi piatti e dell’inchiostro nero e grigio, detto sumi. Il nome di questa tecnica è tebori, come l’area della mano tra pollice e indice su cui poggia la bacchetta durante il tatuaggio.
Oggi in Giappone sono ancora in molti ad adottare questa tecnica manuale, ma l’introduzione delle macchine occidentali alla fine dell’800, ha inevitabilmente influenzato il tatuaggio, consentendo di ottenere linee più precise e uno stile più fedele alle stampe ukiyo-e. Oggi si ricorre agli strumenti moderni per le linee e al tebori per ombre e colori.
A parte il sumi, le tinte usate nel tatuaggio tradizionale sono il rosso, il verde, l’indaco e il giallo, che combinandosi generano altre tonalità. Durante il periodo Edo, i tatuatori cominciarono ad adottare gli stessi pigmenti delle stampe ukiyo-e, ma quel che andava bene per i fogli di pasta di riso non era sempre adatto al corpo. Il rosso, ad esempio, per il suo contenuto di solfato ferrico, sostanza tossica, era raccomandato solo per piccole parti del corpo.
Linee ed arte: nei tatuaggi giapponesi l’acqua è rappresentata da linee o strati stilizzati e non da una massa colorata come in Occidente. Le linee curve riproducono il movimento dell’acqua e i suoi caratteristici spruzzi, le fingerwaves.
L’acqua dei fiumi e degli stagni è raffigurata come una combinazione di linee sinuose; negli spazi tra le linee compaiono animali, oggetti e piante, soprattutto il crisantemo, le foglie d’acero e i sakura (fiori di ciliegio).
Un altro elemento collegato all’acqua sono le cascate, talvolta considerate sacre: i monaci le sceglievano come luoghi di meditazione propizi al passaggio nel mondo spirituale. Tale credenza derivava dalla storia del samurai Mongaku Shonin, spesso riprodotta nei tatuaggi: dopo aver ucciso la moglie per errore, per espiare quella colpa, decise di farsi monaco e di invocare trecentomila volte Fudo Myo-o rimanendo seduto sotto le acque gelide della cascata Nachi. Il terzo giorno, stremato, sarebbe stato soccorso dalla divinità e dai suoi due aiutanti.
L’acqua è un elemento chiave del tatuaggio giapponese. Per le caratteristiche estetiche: il dinamismo delle onde si adatta perfettamente alla forma del corpo; l’acqua fa spesso da sfondo al tema principale, ma non per questo riveste un ruolo secondario.
Ecco alcuni tra i significati/disegni più interessanti e frequentemente utilizzati: i fiori di ciliegio simboleggiano il carattere effimero della vita, i fiori di loto la purezza e la rinascita spirituale, il serpente rappresenta la forza, la tigre simboleggia il coraggio, mentre il drago (sovrano tra le creature celesti) racchiude in sé il potere dell’assoluto.
Se questo articolo ti è piaciuto, continua a seguirmi sul mio blog …