Compie 60 anni il movimento Surrealista nato a Torino Surfanta ideato da un artista eclettico e discusso che molto scriveva, immaginava e annotava, sognava e consegnava ai diari gli scenari fantastici ispirati a mondi lontani ed irreali, che poi realizzava nelle sue opere.
Ma quest’anno si deve parlare molto anche di Surrealismo perché ricorre il Centenario del Primo Manifesto Surrealista pubblicato sulla rivista Littérature da André Breton e molti sono gli elementi che accomunano i due movimenti; il nome Surfanta deriva dall’unione di Sur–realismo e Fanta–sia ed è figlio di un’idea del pittore torinese Lorenzo Alessandri, a cui si associano i nomi, forse persino più conosciuti, di artisti del calibro di Raffaele Pontecorvo ed Enrico Colombotto Rosso.
Il Surrealismo operava nel mondo dell’inconscio, dell’onirico, della iper-realtà ed il movimento torinese appare essere, all’odierno sguardo, una tra le correnti più vitali tra le sopravvissute Avanguardie artistiche.
Alessandri, fecondo tanto nella produzione pittorica quanto in quella editoriale, si innamorò sin da giovane delle suggestioni orientali, dei suoi richiami e di quelli della magia e dell’esoterismo; le speculazioni surrealiste presentano infatti notevoli analogie con le ricerche alchimistiche; l’occulto é terreno fertile per la creatività ed implica negazione della razionalità.
Surfanta nasce ufficialmente nel 1964 nel quartiere torinese Cit Turin (quello di nascita anche della sottoscritta) in un luogo “battezzato” Soffitta Macabra e destinato a divenire il salotto noir del paranormale, uno spazio per incontri e conversazioni tra adepti dell’inconscio metafisico, occultisti ed artisti romantici.
Il gruppo Surrealista torinese, viene oggi celebrato per il suo sessantesimo in diverse iniziative locali e rivive i suoi massimi splendori nelle sale del Museo Alessandri Giaveno (in provincia di Torino) dove si possono ammirare opere di squisita bellezza in una sezione permanente ed in una dedicata all’Oriente.
Come si può dedurre dai dipinti esposti, i temi dominanti sono la condizione umana vista come fuori dal tempo, segnata dai cicli alternati di morte e rinascita e da una incombente angoscia esistenziale; il soprannaturale si fonde con la bellezza femminile, esaltata in ogni sua forma, in contrapposizione a personaggi grotteschi, a tratti alieni, beffardi e mostruosi che la minacciano.
I dipinti, dai colori vivaci e gioiosi si trasformano in allegorie ed in metafore satiriche in cui i protagonisti si inseguono in originali scene di viaggio alla ricerca del senso della vita, mentre i richiami alla filosofia buddhista, rievocano il concetto di liberazione attraverso la morte.
Alessandri può essere considerato uno tra i pittori ingiustamente dimenticati nonostante sia stato uno degli artisti più interessanti del Novecento; la sua non fu solo arte, ma anche e soprattutto ricerca spirituale ed un suo diario intitolato Zorobabel, contenente pensieri e riflessioni, viene considerato un documento tra i più preziosi sull’arte della metà del secolo scorso.
“Camera 19” é l’opera testamento dipinta a pochi anni dalla sua scomparsa ed appartiene al ciclo “Camere dell’hotel Surfanta“: l’emblematica orchestra é il simbolo del tempo che non c’è più, i musici rappresentano i giorni della settimana e sono solo 6, Sabino Sabbah, Dome Nik, Lu Natik, Mer Kury, Gio Vedik e Mar Dik. Tutti suonano una musica immaginaria con strumenti sgangherati privi di corde e tasti, letta su spartiti fluttuanti nell’aria e la direttrice Lyse Pelle di Luna, con le ali nere come l’incombente morte, rappresenta la Bellezza vitale, incorruttibile e salvifica. L’assenza di Vener Dik, giorno della Passione di Cristo, é quella del musicista a cui é stato vietato suonare con i colleghi mortali …
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