“Psicologia e Grafologia sono territori che si compenetrano, la scrittura è l’illustrazione interiore dove i simboli sono i mezzi attraverso cui l’inconscio entra nella sfera della coscienza.
Tra le diverse manifestazioni umane, la scrittura è il più ricco giacimento di significati inconsci finora scoperto, che mira ad illuminare non il carattere empirico dello scrivente, ma i suoi fondamenti inconsci e la sua struttura intima”
Così scriveva Ania Teillard psicoterapeuta e grafologa tedesca, allieva di Jung, che integrò la Psicologia con la Grafologia, dedicando a quest’ultima particolare attenzione e ritenendola una disciplina adatta ad esplorare la Psicologia del profondo dell’individuo.
La Psicologia analitica considera la psiche come un tutto indivisibile, costituito da contenuti più o meno consci, che fanno da ponte tra l’esterno “nella luce della coscienza” ed il “buio degli spazi più profondi”, sconosciuti all’individuo stesso.
Quando entriamo in contatto con l’ambiente che ci circonda e con chi ci sta accanto, ci “spostiamo” mettendo in atto azioni e reazioni che riguardano gli aspetti più esterni del nostro modo di essere, ma non esiste in realtà una separazione netta tra i diversi “piani” di questa “sofisticata struttura”: la nostra personalità si stratifica infatti, in gran parte sotto l’effetto dell’ambiente e dell’educazione che ci hanno formato.
Parlando di territori e di spazi, lo studio della Grafologia, attribuisce un valenza di primaria importanza all’osservazione di come il soggetto scrivente si allontani simbolicamente dalla propria fisicità, mostrando attraverso il gesto grafico la personale tendenza alla ricerca esterna, quale ne sia il suo orientamento nel mondo delle idee, come percepisca e viva la realtà che lo circonda.
L’utilizzo inconsapevole dello spazio bianco sulla carta rivela un comportamento specifico che non rispetta “distanze convenzionali” tra soggetto ed oggetto; ci mostra il dialogo tra il mondo interiore (lo spazio lasciato in bianco) e le modalità di espressione/adattamento con il modo esterno (lo scritto).
Nell’analisi di una scrittura, pertanto, è importante valutare sia il bianco che il nero.
Una distribuzione più o meno armonica sul foglio, fornisce informazioni interessanti sull’organizzazione mentale dello scrivente, sulle capacità organizzative e di pianificazione; gli spazi bianchi simboleggiano l’inconscio, se ben modulati con il nero rappresentano le abilità intuitive, la tendenza a creare attraverso la fantasia, sino a spingersi verso “territori personali” caratterizzati da un’immaginazione incontrollata.
Come sempre sarà l’intero ambiente grafico a suggerire la chiave di lettura più corretta, la presa di possesso dello spazio rappresenta soltanto uno dei moltissimi elementi indicativi a cui fare riferimento.
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