“A dispetto dell’immagine stereotipata che vuole l’Africa come il continente della tradizione orale, Timbuctu, fin dalla sua fondazione nel XII secolo, ha conosciuto e praticato la scrittura. Centottanta scuole coraniche erano attive in città, migliaia di studenti.
Molti di questi studiosi erano pronti a pagare qualsiasi cifra per un buon libro che le carovane portassero da quelle parti: Platone e gli altri classici (che gli arabi avevano ricopiato pagina per pagina), Avicenna, corani miniati, trattati di algebra, fisica e ottica.
Il modo più diffuso per ostentare la propria ricchezza era acquistare manoscritti e non solo si trovavano libri provenienti da diverse parti del mondo, ma ben presto si svilupparono una sofisticata produzione locale e una fiorente attività di copiatura dei testi più celebri.
Il libro, la scrittura sono arrivati nel Sahel grazie alla diffusione dell’islam.
La scrittura diede vita a una élite urbana istruita e cosmopolita e si impose abbastanza rapidamente, perché esercitava un certo fascino sulle popolazioni africane illetterate in quanto portava con sé il prestigio di una cultura “superiore” i cui rappresentanti esercitavano il commercio e possedevano ingenti ricchezze.
Inoltre la scrittura finiva per assumere un carattere magico, di linguaggio di comunicazione tra gli uomini e gli dei e con questo linguaggio scritto la religione diventa esclusiva.
Nel passato glorioso della città i manoscritti erano una sorta di investimento e sono numerose ancora oggi le famiglie che ne possiedono e che li nascondono gelosamente nelle loro abitazioni.
Racchiusi in sacche di pelle, casse di metallo oppure in nicchie scavate nei muri per preservarli dalle termiti, libri, pergamene: Timbuctu ne è ricca, molto ricca. Fondato nel 1973, l’Institut des Hautes Etudes et de Recherche Islamique Ahmed Baba dove sono raccolti circa 18000 manoscritti conservati grazie al clima secco del deserto, è la più grande biblioteca dell’Africa.
Nelle piccole vetrine esposte al pubblico si possono ammirare alcuni antichissimi corani miniati in oro, oppure trattati di ottica, fisica, alcune opere di Avicenna e una lettera autografa di El Hadji Omar alla popolazione Macina dove il fantastico capo toukoleur, in lotta con Cheik Ahmadou, rassicura di non voler colpire la gente comune.
La collezione vanta libri risalenti al XIII secolo, che recano firme di grandi scrittori del mondo islamico. Timbuctu è l’esempio più celebre di questa tradizione “scritta”, ma non l’unico nella fascia sahelo-sahariana. Importanti biblioteche si trovano anche in altre città carovaniere come Chinguetti, Oudane, Oulata in Mauritania, sedi di importanti biblioteche, ma anche dove non c’erano istituzioni simili, la scrittura era diffusa tra le élite saheliane.
Quei testi ci riportano a una dimensione della storia che ci è familiare e assegnano a molte città dell’antico Sahel lo stesso denominatore con cui noi facciamo la storia: le fonti scritte.”
Tratto da “Il grande gioco del Sahel” di Marco Aime e Andrea de Georgio
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